La parte più intima dello spettacolo L’infinito fra le mani è la quarta, quella dedicata al Lontano e alla memoria, dove vi è un ideale incontro tra il Battiato che ricorda la Sicilia e la sua infanzia e io che, attraverso un suono di una campana e un sole che tramonta a mare, faccio un viaggio verso il mondo immateriale di un’altra dimensione. Tanto che sarò io direttamente a recitarla, senza alcuna intermediazione di attori. Anche nella versione col video, dove di solito le parti recitate sono registrate, questa parte qui la recito dal vivo e, quasi senza volerlo, ogni volta in modo leggermente diverso.
Solo ora mi rendo conto della coincidenza per cui anche nel libro su Battiato il capitolo dove si discorre di Lontano è il quarto. Insomma, se l’otto è il numero dell’infinito, il quattro, la sua metà, evidentemente è il numero della distanza, con tutto quel suo essere sghembo, imperfetto, non lineare.
Il Lontano è un tendere verso. Ci fa dannare, perché vorremmo avere tutto qui, “a portata di mano, sul tavolino, sul divano, su quanto ti è più caro” (chi conosce questo capolavoro che ho citato?). E però ci è maledettamente necessario per darci una meta.
Qual è il vostro Lontano?