E poi arriva il momento che riporti tutto a casa: strumenti, locandine, materiale da palco, oggetti e ammennicoli vari che sei convinto ti possano sostenere. No, non sono loro in realtà a sostenerti. E’ ben altro. E’, mi si perdoni l’autocitazione, “una feroce spinta all’elevazione”. Che in queste due sere al TeatroBasilica di Roma ho percepito mai così forte.
Con gli splendidi compagni di questo viaggio reale e al contempo immaginifico ce lo siamo detti spesso: è stato come entrare in una bolla sonora e narrativa che ci ha fatto alzare “dall’urgente quotidiano” e ci ha trascinato altrove, da un vento che ha alternato brezze carezzevoli e soffi forti, cedendo poi a momenti di stasi assoluta (con quell’inizio così particolare…). Quei momenti, che io definisco di musica ferma, che ho portato fino alla estremità più assoluta che è il silenzio: sia quando si è incuneato tra i brani scritti (il testo teatrale è mio, lo preciso visto che più di qualcuno me lo ha chiesto) sia quando è stato il protagonista assoluto.
“La senti? E’ lì la Verità”. Ho cercato, dando spazio al silenzio, prima evocandolo e poi lasciandogli del tutto la scena, di far parlare questa Verità.
Dai riscontri che ho avuto credo che questo spettacolo abbia raggiunto in pieno il suo obiettivo. Ho visto persone emozionate, rasserenate, allegre: tutte me lo hanno voluto dire, e non credo che si scrive a qualcuno o lo si aspetta dopo uno spettacolo per dirgli frasi di circostanza.
Queste due rappresentazioni sono andate come meglio non potevo sperare.
E questo è stato il lavoro di un gruppo.
Dai musicisti, Barbara Vanorio e Stefano Cozza, che hanno dato ingresso alla mia follia di accompagnarmi in questo spettacolo rischiosissimo, che poteva essere bollato come pretenzioso e presuntuoso. Sono stati eccezionali, professionalmente e umanamente (aspetto per me essenziale). Un gruppo compatto e convinto, ognuno con le sue caratteristiche, in modo da essere complementari. Stefano a tessere trame ritmiche e sonorità rock, con una ricerca del suono sempre di livello. Piedi ben piantati per terra, solidità e grande ironia. Barbara con i volteggi del basso e la sua presenza scenica aerea e sognante.
Una testuggine a cui poi si è aggiunta, negli ultimi tempi, la compagnia teatrale.
Ed ecco quindi il regista Alessandro Di Murro con la sua visione, il suo entusiasmo e la sua quieta vulcanicità: un punto di equilibrio e di apertura.
Ed ecco Laura Pannia, peraltro mia concittadina, che mi ha fatto commuovere in scena. Quando ascoltavo il mio testo recitato così come lei ha saputo fare mi sono scappate lacrime, ed è una cosa rarissima che accada su un palco: sentire quelle mie emozioni esposte in modo così amplificato e sentito mi ha fatto capire come Laura sia una fuoriclasse, che è bene maturi con giusto tempo questo suo dono.
Vittorio Bruschi è un golden boy: sprizza empatia e simpatia, un ragazzo vero che dovrà lottare contro la falsità. Questa sua immediatezza è stata la chiave per farlo entrare subito dentro le pieghe del testo. E poi a uno che durante le prove avrebbe voluto pogare durante “Io chi sono?” cosa puoi dire se non “grazie”?
Io il grazie lo dico a tutti loro.
E a tutti quelli che sono venuti a teatro, che hanno tramutato la semplice curiosità in interesse e poi in vera e propria partecipazione emozionale.
La prima ha avuto tutti i crismi della prima: tanta tensione, attenzione a qualsiasi dettaglio, concentrazione massima. La seconda, più rilassata e sciolta, è sfociata in una festa, dove abbiamo abbattuto le barriere immaginarie tra palco e pubblico in un abbraccio collettivo pieno di gioia e di riconoscenza verso un tale di nome Franco Battiato che è stato così profondo e incisivo da cambiare in meglio le nostre vite.
Non so che succederà ora.
Tanti mi chiedono se ci saranno nuove date (ci saranno, lo abbiamo promesso, dateci il tempo di organizzarci) e se ci sarà un tour. Queste domande mi fanno capire che lo spettacolo è arrivato così dentro da ritenere quasi naturale che venga portato in più serate e magari su più palchi e in più città.
Vediamo, tutto è nato dal nulla, direi da zero. E per farlo navigare ancora non posso bastare solo io, va messo in buone mani, che non alterino il messaggio e sappiano avere a che fare con la materia così delicata che viene affrontata.
Chi c’è stato, se gli va, ne parli in giro, faccia un passaparola, ci aiuti a crescere e a farci conoscere perché io proprio non riesco a cedere alle strategie di comunicazione e marketing basate sul niente condito di fuffa gonfiata di fumo. Penso ancora che una cosa bella lo è se qualcuno la riconosce tale, e magari ne parla ad altri.
Grazie a tutti.